Via alla Chiesa, 180, 23010 Berbenno di Valtellina SO
Nel Medioevo Berbenno era capoluogo di una vasta pieve e la vita religiosa gravitava intorno alla chiesa battesimale dei Santi Pietro e Paolo, ubicata sul fondovalle in prossimità di uno dei pochi ponti che garantivano il collegamento tra le due opposte sponde dell’Adda.
L’area era però soggetta ai capricci del fiume e nel tardo medioevo si comincia a preferire la chiesa romanica di Santa Maria, più vicina alle case e protetta dal perduto castello di Roccascissa.
Accanto viene edificata l’abitazione per l’arciprete e i canonici, dotata di profonde tinaie e cantine quantomai necessarie in un territorio storicamente vocato alla coltivazione della vite. Ancora oggi le balze terrazzate di Maroggia ‒ antico nucleo che ha dato il nome a un rinomato vino ‒ raccontano della sistematica opera di dissodamento attuata dai benedettini insediati nel paese di Monastero.
Piccola e malridotta, nel corso del Seicento la primitiva chiesa viene sostituita da un ampio edificio ad aula unica, diversamente orientato per sfruttare al meglio la conformazione del luogo: sul punto più esposto del dosso roccioso sorge il presbiterio; la facciata è rivolta verso il borgo e ai suoi piedi corre uno spazio porticato che svolta sul fianco, indirizzando verso l’oratorio di San Carlo Borromeo, sede della confraternita del SS. Sacramento.
Sulla soglia non passa inosservato il portone in legno (1714), tra i più belli della provincia. Sollevando lo sguardo, l’immagine della Madonna Assunta fa memoria dell’intitolazione della chiesa.
Per Berbenno sono da sempre motivo di orgoglio gli stalli intarsiati, datati 1648 e firmati da Giovanni Schmitt di Lipsia.
La statua della Madonna del latte è elemento scampato alla dispersione dei vecchi arredi, così come i dipinti esposti sulle pareti laterali del presbiterio: una quadreria tutta da studiare, a partire dall’enorme Annunciazione.
Nella cappella mediana di destra si segnala una leggiadra statua della Madonna del Rosario, le cui vesti fiorate sembrano mosse dal vento, come usava nel Settecento.
Nel 1780 l’edificio viene sopraelevato, voltato e dotato di un transetto con cupola all’incrocio dei bracci. L’ambizioso intervento è condotto dal capomastro Girolamo Galletti, di origine ticinese come il pittore Giovan Battista Colombo, autore dei quattro Evangelisti affrescati sui pennacchi della cupola (1791).
Gli ammodernamenti del XVIII secolo riguardano anche la canonica e il campanile, innalzato a più riprese (1722, 1770). Insomma, entro fine secolo il complesso assume una nuova grandiosità che lo rende ancora più visibile dal fondovalle, esaltandone la solitaria posizione in asse con l’antica chiesa plebana di fondovalle.