Via Madonnina, 435, 23020 Montagna in Valtellina SO
L’anfiteatro di vigneti intorno a Sondrio è scenario di straordinaria bellezza, modellato a balze terrazzate dal duro lavoro della gente di montagna che, disponendo di pochi campi sul fondovalle, ha costruito chilometri di muretti a secco per ricavare lungo le pendici fazzoletti di terra coltivabile.
Attraverso le assolate vigne di Ponchiera si raggiunge l’abitato di Montagna, con le sue contrade sparse che nei secoli si sono dotate di piccole chiese per le esigenze spirituali di chi abitava stabilmente il versante. All’inizio del Settecento la contrada di Massarescia, già citata in documenti della metà del Duecento, è l’unica ad essere rimasta sprovvista di un edificio religioso. La devozione s’era fino a quel momento indirizzata verso una Madonna in trono col Bambino affrescata su una vecchia casa, ragion per cui l’immagine viene recuperata e collocata sopra l’altar maggiore della nuova chiesa, costruita a partire dal 1713.
Per farsi un’idea del vecchio nucleo rurale conviene portarsi sul retro della chiesa, dove regnano l’ombra e il silenzio. Il lavatoio a margine del sagrato, perduta la sua originaria funzione, è invece ancora ideale punto di ritrovo per chi abita nei dintorni. Da qui lo sguardo si apre alla valle e in basso si distingue facilmente il profilo dei ruderi di Castel Grumello, edificato alla fine del Duecento a sentinella della conca di Sondrio.
La chiesa della Madonna di Caravaggio, detta della Madonnina, sorge su un terreno degradante, ragion per cui all’ingresso principale si accede mediante una scalinata a doppia rampa che racchiude la grotta della Madonna di Lourdes, realizzata solo nel 1929. Il profilo mosso del portale maggiore in granito è tipico dell’epoca (1731) e replicato nel portalino laterale. Internamente sulle pareti sono dipinti “finti” altari (1744 circa), opera giovanile del milanese Ferdinando Crivelli che ritroveremo con risultati più maturi in altre chiese del Cammino mariano (Ponte e Grosotto). Gli altari illusionistici erano indubbiamente venuti di moda, ma trovarne ben sei in una piccola chiesa frazionale è indizio di una committenza aperta a soluzioni di gusto innovativo. All’armonioso effetto d’insieme contribuiscono le tele, attribuite al valtellinese Alessandro Parravicini, avvezzo a lavorare a fianco del Crivelli.
L’unico “vero” altare è quello di San Giuseppe, datato 1741, in marmo rosso e nero con inserti chiari. i documenti raccontano di un gran banchetto organizzato nel 1742 in occasione della collocazione della statua lignea del santo nella nicchia.