Via Santa Casa, 48, 23020 Tresivio SO
La Santa Casa di Tresivio si erge imponente ai margini del paese, su una collina verdeggiante dove intorno al Mille già esisteva una chiesa dedicata alla Vergine che dialogava con il perduto castello posto sulla sommità della rupe protesa verso la valle.
Il luogo deve essere parso ideale quando, verso la metà del Seicento, si è pensato di edificare un tempio in grado di rinsaldare anche in Valtellina il culto della Madonna di Loreto. Un culto nato nelle Marche ma penetrato in Italia e in buona parte d’Europa, nutrito dalla tradizione secondo cui la casetta, custodita come una reliquia all’interno del magnifico santuario di Loreto, altro non sarebbe che la Santa Casa della Vergine, trasportata in volo dagli angeli da Nazareth in Dalmazia, e poi da lì a Loreto nel 1294.
Sovrani e pontefici si interessarono di Loreto, incrementandone la fama con la concessione di indulgenze e doni preziosi. Papa Giulio III nel 1554 vi insediò i Gesuiti, affidando loro la gestione spirituale dei pellegrini che accorrevano a migliaia in quel lembo di terra marchigiana, divenuto un centro spirituale tra i più visitati d’Europa.
A Tresivio, il progetto intrapreso nel 1646 era molto ambizioso: rifarsi all’illustre prototipo e costruire un edificio tanto ampio da contenere una esatta riproduzione della santa casetta di Loreto, all’interno della quale collocare una statua in legno identica, anche nella foggia dell’abito, al simulacro venerato nel santuario madre.
Stando al documento di fondazione, l’iniziativa è da ricondurre alla comunità di Tresivio e a una locale confraternita mariana, ma tutto lascia supporre che abbiano giocato un ruolo importante i Gesuiti, insediati nel vicino borgo di Ponte a far da argine al dilagare del protestantesimo.
L’enorme struttura è figlia di un prolungamento settecentesco realizzato sul retro, con imponenti opere di sottofondazione che da subito provocano lesioni nelle murature. La porzione di maggior pregio architettonico è il volume seicentesco affacciato sulla valle, edificato sopra la collina naturale, severo e compatto, fasciato da lesene nicchie e finestre disposte su doppio livello e distribuite con egual generosità su tutti i fronti. L’interno è dunque invaso dalla luce naturale, che penetra diffusamente attraverso i matronei, valorizzando la cromia rosacea degli intonaci a finto marmo. I tre ingressi sono segnalati da portali settecenteschi in pietra verde di Tresivio, un materiale cavato localmente e molto richiesto da capomastri e scalpellini per la sua facile lavorabilità e per il gradevole colore.