Via Fellini 23030 Lovero (SO)

Dai castagneti sopra il paese, la chiesa di Sant’Alessandro continua a vegliare sugli abitanti di Lovero e il suo riconoscibile profilo è ormai patrimonio dell’intera area.

Formalmente ha conservato la dignità parrocchiale fino al 1825, ma nel corso del Seicento le funzioni sono state trasferite alla chiesa di Santa Maria delle Grazie e dell’Assunta, edificata ex novo a partire dal 1596 in una posizione di grande visibilità e vicino alle case.

La “nuova” parrocchiale è una tipica chiesa seicentesca, allungata a fine Ottocento con l’aggiunta di una campata e conseguente rifacimento della facciata su modello della precedente. Il tiburio ottagonale, inferiore in altezza al solo campanile, permette di intuire dall’esterno l’esistenza di una cupola all’incrocio tra la navata e il transetto.

Lungo le pareti della navata si aprono quattro cappelle per lato, raccordate al presbiterio da un possente cornicione continuo. Il carattere unitario dello spazio è esaltato da un volto pittorico omogeneo e avvolgente, eseguito in tempi dilatati (1701-40 circa) da Giovan Battista Muttoni, pittore gesuita di origine piemontese stabilitosi a Lovero, dopo aver lasciato l’ordine. 

Fra Sei e Settecento, molti artisti sono stati chiamati a far bella questa chiesa. Tra loro Giovan Battista Del Piaz, autore del pregevole pulpito (1715-22), purtroppo mortificato da un furto che lo ha privato di quasi tutte le sculture e i bassorilievi, sostituiti da copie fedeli. 

Meritano inoltre una menzione l’ebanista valtellinese Andrea Rinaldi e l’intagliatore tirolese Mattias Peder. Alla collaudata coppia va riferita la cassa d’organo (1768-71), dipinta con estese campiture a finto marmo e arricchita, nel fastigio, dall’Assunta tra Putti e Angeli musicanti. 

Ai medesimi maestri sono assegnati gli stalli corali (1765-66), dove l’esuberanza dell’intaglio barocco cede il passo a una estetica ormai giocata sull’intarsio geometrico in cui Rinaldi era specializzato, mentre al Peder si devono le statue e i profili frastagliati collocati sopra le sedute. 

Il risvolto più curioso riguarda il simulacro della Madonna delle Grazie (1627), una statua in legno vestita con abiti veri, tenuta in venerazione sopra il primo (perduto) altare maggiore. Il ricco corredo di vestiti è andato disperso, insieme con la parrucca. Si conserva solo il manichino, dapprima trasferito nella cappella mariana di sinistra e infine rimosso a metà Novecento, in obbedienza alle direttive vescovili.